Infinito fa rima con indefinito. Questa parola la possiamo usare per dare un’idea del numero di cui esse sono composte. Il loro destino è di finire in pasto al pubblico con regolare cadenza, stabilendo una forte fidelizzazione con lo spettatore, frutto di una struttura narrativa che non permette di saltare un appuntamento senza perdere parti dell’intreccio narrativo. Sono caratterizzate da un forte reticolo sentimentale tra i vari personaggi e sono ricche di risvolti drammatici.

Stiamo parlando delle famigerate soap opera… oppure no?

Vorrei iniziare tranquillizzando quei lettori nella cui testa avrà iniziato a farsi strada il sospetto d’essere finiti sulla pagina sbagliata. Se voleste concedermi il beneficio del dubbio ancora per qualche riga, forse posso convincervi del contrario. Prima però…
Il dizionario Italiano definisce la soap opera come segue: “Lungo sceneggiato, trasmesso a puntate che racconta con accenti patetici le vicende di alcuni protagonisti fissi”.
L’etimologia del termine pare derivi dal tipo di prodotti pubblicizzati durante la messa in onda di queste funeste serie. Detersivi e saponi per quel pubblico femminile così lontano dal concetto di femminismo da consentire a un’intera industria di raggiungere traguardi da lobby.
Altra possibile etimologia deriva dalla fascia oraria in cui erano trasmesse le soap, ovvero nel primo pomeriggio, mentre le casalinghe d’America erano solite lavare i piatti guardando la TV.
Il cosiddetto “soap time” della messa in onda.
Proviamo a dare un’occhiata a una trama tipo, che ne dite?

 James e suo fratello minore Lucas rimangono orfani dopo un incidente. Sono affidati alle cure di un istituto, dove James incontra Sophie. Diversi anni dopo, prende in mano le redini dell’istituto e lui e Sophie vivono un’ intensa storia d’amore fino al momento in cui lei perisce in un incidente. Poco dopo James e Lucas ritrovano il padre, che non era morto, ma solo disperso. Anche Sophie ritorna perché neppure lei era morta, anche se dopo un’altro pacco di puntate, schiatta di nuovo, sacrificandosi per salvare James. Quest’ultimo capisce che una volta è “culo” ma che sperare che Sophie torni di nuovo sarebbe come vincere alla lotteria senza comprare il biglietto. Così si mette l’anima in pace e sposa un’altra donna, Jennifer. La nuova consorte rimane incinta, creando quell’insieme di circostanze sufficientemente inopportune a fare si che l’ennesimo ritorno di Sophie possa avere l’effetto di un cataclisma. James non può nemmeno riversare la sua rabbia su qualcuno, dato che ad essere defunta la seconda volta (almeno pare) non fù Sophie, ma la gemella malvagia, Framken che si era sostituita alla sorella per ragioni così oscure che nemmeno Stephenie Meyer saprebbe dargli un senso. Jennifer scompare con figlio e tutto. James, torna al suo vecchio amore, Sophie ma dopo qualche tempo la necessità di allearsi con un potente leader, sposta la bilancia morale di James da bravo ragazzo e figlio di buona donna, in cinque secondi netti. Tra fusioni, gente che muore più spesso di una ideale politico, malattie incurabili guarite miracolosamente, le cose procedono secondo una sequenza temporale non esattamente lineare. Infatti, anni dopo, fa la sua comparsa un personaggio improbabile, Nathan, che soltanto dopo un’altro trilione di puntate svela di essere il figlio di James e Jennifer. D’altro canto Nathan non ha colpe, essendo vittima di un piano ordito da Framken che indovinate un po’? Non solo non è morta, ma vi svelerà di non essere lei la vera cattiva…

Potremmo andare avanti all’infinito, parlando di gente che muore senza morire affatto, cambi inaspettati di bandiera, di ideale e in alcuni casi anche di sesso.
Eppure, che ci crediate o no, quella testé riassunta non è la storia di una soap opera bensì di un personaggio Marvel; Scott Summers, altresì noto come Ciclope, membro, poi leader e di seguito inviso allo stesso gruppo di supereroi di cui ha fatto parte noto come X-Men.
Constatare che i Fumetti di supereroi sono le soap opera dei “maschietti” è una di quelle rivelazioni che ha sempre sostato in bilico sull’orlo più esterno del mio intelletto. Una constatazione che se la gioca alla pari con l’inutilità di Indiana Jones ne I predatori dell’Arca perduta. (Se non sapete di cosa parlo guardate The Big Bang Theory, stagione 7, episodio 4, ma fate attenzione. Il vostro mondo potrebbe cambiare per sempre).

Insomma una di quelle cose che hai sempre saputo, senza saperlo.
Ringrazio Simone del WoT di Milano per la sagace osservazione che alla fine ha dato lo spunto per quest’articolo.
Se avete ancora dei dubbi proviamo a fare qualche confronto.
La soap opera è divisa in puntate trasmesse con cadenza regolare. Stessa cosa per i fumetti, con la differenza che non sono trasmessi ma distribuiti su un supporto cartaceo. Un tempo erano molto diffusi anche i fotoromanzi, mentre i supporti digitali e televisivi per i fumetti sono in aumento, sottolineando un singolare scambio di ruoli.
Nelle soap un’unica storia è suddivisa in un numero indefinito di puntate, senza giungere a una conclusione. Da questo la definizione di serial aperto. La telenovela, pur essendo simile, giunge invece a una fine ed è per questo definita serial chiuso. Nei fumetti super-eroistici è la stessa cosa.
Le normali testate sono serial aperti (Spiderman, Superman, Gli incredibili X-Men, ecc) mentre gli speciali o le storie che seguono un arco narrativo, spesso ambientato in realtà alternative, sono serial chiusi.
In passato la soap opera è sempre stata considerata un prodotto di bassa qualità. Stessa cosa per i fumetti di supereroi. Al pari delle soap, che erano comunque diffusissime e viste da milioni di persone, anche i fumetti di Superman e compagnia bella, erano etichettati come prodotto d’intrattenimento di scarsa rilevanza culturale.
Entrambi hanno subito recessioni e interruzioni dovute al mutare delle preferenze del pubblico, alla crisi economica dei rispettivi settori o alla prematura dipartita di autori o attori.
La soap nasce verso la fine degli anni ‘30. Nella sala parto accanto venivano alla luce Clark Kent, Bruce Wayne e Steve Rogers.I fan dei fumetti sanno citarti il motto delle Lanterne Verdi, dirti in che modo I fantastici Quattro hanno acquisito i loro poteri e la marca di sigari che fuma Wolverine. La mia mamma sa quante volte ha divorziato Ridge, se quest’anno è morta Ines o quante volte è stata pronunciata la parola “incantesimo” dall’inizio della serie a oggi.
Secondo alcuni leggere fumetti di supereroi o guardare soap opera, non arricchisce le nostre vite più di quanto possa aver fatto leggere quest’articolo.
Quindi perché lo facciamo?
Forse perché, che noi lo si ammetta o meno, entrambe rappresentano aspetti della vita alle quali segretamente aspiriamo. Alcuni di noi vorrebbero vivere una storia d’amore capace di vincere la morte, o trovare il coraggio di opporsi a un’ingiustizia. Vorremmo saperci risollevare dalla polvere dopo la più nefasta delle crisi o mostrarci al mondo senza vergogna per quello che siamo. Vorremmo essere belli e ricchi o soltanto forti e in grado di volare.
Forse vorremmo essere tutti J.R., Ridge oppure Peter Parker o Bruce Wayne, perché fin troppo spesso, desiderare ossessivamente di essere quello che non siamo è più facile che mettersi al lavoro per diventarlo.
Difficile da stabilire.Mentre ci penso, mi prendo dieci minuti di pausa e leggo l’ultimo numero di Batman .

Una risposta mi verrà in mente di sicuro.